Italpreziosi, la fabbrica dell'oro - Industria Italiana

2021-10-26 05:52:30 By : Ms. Miss Hu

Una fabbrica d'oro. Letteralmente: si chiama Italpreziosi ed è la creatura di Ivana Ciabatti, che l'ha fondata nel 1984 nel distretto orafo di Arezzo. Grazie all'utilizzo di macchine ultra tecnologiche ea processi chimico-industriali sviluppati in collaborazione anche con l'Università, Italpreziosi come oro affinato, vale a dire oro 24 carati “Good delivery”, e lo vendiamo al settore orafo che lo trasforma in gioielli o lo destiniamo alla nostra produzione di lingotti da investimento fino a un chilo di peso, occupandoci anche della relativa commercializzazione», dice a Industria italiana la ceo del gruppo. Che nel 2020 ha visto il fatturato aumentare di quasi 7 miliardi di euro, dai 2,7 miliardi del 2019 (il 2021 si attende in lieve flessione).

Il valore aggiunto di questa azienda è in un modello di business unico che consente di essere direttamente da miniere, tra cui alcune nel continente americano possiede approvvigionamenti delle partecipazioni. «Affiniamo dunque oro per lo più comprato direttamente e questo ci concede di saltare gli intermediari, riuscendo ad avvicinare il mondo dell'estrazione mineraria a quello della produzione di gioielli dice Ciabatti.

La seconda caratteristica distintiva è la complessità delle lavorazioni, perché l'azienda si occupa anche di affinamento di oro recuperato da processi industriali, seppur in maniera residuale. Per entrambe le attività si è dotata di macchine industriali che ha progettato in parte in house attraverso un processo che risponde al nome di Tera Automation.

Arezzo è parte integrante della storia dell'azienda, perché in questa città ha sede uno dei più importanti distretti orafi del mondo e il più importante dell'Europa. Secondo Federorafi (l'associazione di categoria afferente a Confindustria di cui Ciabatti è stata presidente nazionale per sei anni fino allo scorso giugno), il settore orafo in Italia vale 5,7 miliardi di euro (il dato relativo al 2020 risente della perdita di quasi un terzo nel giro di affari e nell'export). Arezzo, Alessandria e Vicenza sono i maggiori centri produttivi ei primi tre per esportazione (rispettivamente con il 28,3% del totale, pari a 2,3 miliardi; il 21,8% e il 20,4%). L'Italia è il terzo paese produttore al mondo (dopo Cina e India), «ma è al primo per creatività e innovazione», chiosa Ciabatti.

Nel 2020 per effetto di quotazioni record dei metalli preziosi, del calo della domanda mondiale, delle misure di conservazione e dello stop forzato dei viaggi sia per turismo sia per business il giro di affari del settore ha perso 2,2. Ma se a calare è stata la domanda di gioielleria, quella di oro da investimento è volata.

D'altronde l'oro è un rifugio sicuro, un bene in grado di proteggere il potere di acquisto di chi lo compra e in periodi di crisi e incertezza la sua appetibilità è maggiore. Il distretto aretino ha rafforzato questo business e secondo Istat nel primo semestre 2020 l'export di metalli preziosi ad Arezzo ha segnato il 50,9%, a fronte del -44% registrato dai gioielli.

«L'oro riveste varie funzioni, oltre a essere utilizzato nel settore industriale, farmaceutico, nella produzione di gioielli, è riserva delle banche centrali. Ed è una moneta, l'unica a non essere carta, non stampabile a volontà, universale, che esiste da oltre duemila anni. L'oro rappresenta il bene rifugio per eccellenza ed ha un ruolo importante nel portafoglio come elemento di protezione, soprattutto nei periodi di grande incertezza economico-finanziaria e geopolitica, come quello attuale. Il debito pubblico in tutto il mondo aumenta e rappresenta in media il 70% del Pil, livello più alto da 150 anni se si esclude la seconda guerra mondiale», dice Ciabatti. In questo contesto, secondo l'imprenditrice, la domanda da investimento non potrà che continuare ad aumentare.

«Noi produciamo quest'oro da investimento, in lingottini con purezza uguale o superiore a 999,9 ( 24 carati), da 5, 10, 20 grammi, fino a 250 grammi e un chilo. Dall'emanazione della legge 7/2000 che ha interrotto un monopolio di Stato che vigeva dal 1935 i lingotti possono essere acquistati anche dai privati ​​​​detenuti e venduti esenti da Iva».

Italpreziosi non si limita alla sola produzione di barre d'oro e lingotti da fusione, lingotti coniati e monete di Borsa ma «con il dipartimento Precious Metals Sales, supportiamo i clienti e gli intermediari finanziari in tutte le fasi della compravendita di oro».

L'azienda è nella lista delle 'good delivery' certificate dalla Lbma-London Bullion Market association: la certificazione posseduta da sole 69 aziende in tutto il mondo che attesta che i lingotti, per la loro purezza, sono scambiabili come moneta tra banche.

Italpreziosi invece, come accennato, si approvvigiona direttamente dalle miniere di estrazione. «Abbiamo compiuto una piccola rivoluzione: compravamo oro all'estero e ci chiesti perché non andare direttamente dalle miniere, e dunque abbiamo investito con partecipazioni alla Borsa di Toronto, accorciando la catena del valore tra oro grezzo e produzione, tra materia prima e chi la lavora. Acquistiamo dunque questo materiale grezzo direttamente dalla miniera, lo raffiniamo e forniamo la materia prima raffinata ad aziende che la trasformano in gioielli ea banche e privati ​​con l'oro da investimento. Siamo perfettamente al centro della catena del valore». L'oro è una risorsa finita, per questo prezioso. Ma quello estratto può essere trasformato infinite volte. Per questo Italpreziosi non ha del tutto abbandonato il recupero degli scarti industriali. «Un approccio che va verso l'economia circolare – dice Ciabatti – ma in generale per seguire questo processo di integrazione a monte ea valle manteniamo i più alti standard di eticità e sostenibilità».

Nel nuovo stabilimento si continueranno a svolgere le due attività di Italpreziosi: la raffinazione dell'oro puro per la lavorazione da parte di terzi e la produzione e il commercio di oro da investimento.

«La raffinazione è il primo ramo di attività – spiega Ciabatti – l'oro grezzo che acquistiamo viene separato con un processo chimico industriale dai metalli non nobili. Tutti gli impianti tecnologici innovativi che utilizziamo per questo processo sono prodotti ad Arezzo, a zero impatto ambientale».

Per produrre i lingottini Ciabatti ha co-fondato una start-up, la Tera Automation, in cui lavora un gruppo di ingegneri con un'eta media di 35 anni che progettano e costruiscono le macchine per l'oro in oggetto da investimento. «La R&S viene realizzata in collaborazione anche con il Sant'Anna di Pisa e naturalmente le macchine sono dotate di alta robotica e automazione», dice Ciabatti.

Insomma, nel momento più duro del Covid l'azienda non ha smesso di innovare e investire. «Collaboriamo con l'Università per fare innovazione continua per migliorare processi e prodotti. Il nuovo stabilimento sarà sia tecnologico, sia tra i più sostenibili al mondo».

Per realizzare l'obiettivo della sostenibilità, Ciabatti installerà sistemi fotovoltaici ad alta efficienza, favorendo processi chimici che sostenibilità l'impiego di combustibili fossili. E sta progettando un sistema di recupero delle acque reflue per ridurre al minimo i consumi idrici. Ma non solo ambiente. «Avremo un asilo nido, una mensa a metri zero, una coltivazione bioponica – dice Ciabatti – il mio obiettivo è dare segnali positivi di energia, di visione, di qualità della vita. Ho sognato e sogno ancora di far profitto, con etica, dignità, morale».

L'aspetto etico è d'altronde una caratteristica che nel settore di cui parliamo non è accessoria, secondo Ciabatti. «Un lingottino d'oro arriva a costare 50mila euro ed è piccolo, può essere nascosto e si presta a essere usato per riciclaggio, ricettazione, finanziamento a gruppi armati, senza considerare il rischio di diritto umano nelle miniere stesse. La nostra attenzione ai produttori è molto importante».

Per questo è stato mantenuto l'impegno di una gestione globale della filiera, monitorato tramite un lavoro costante di verifica e analisi degli impatti ambientali e sociali. In particolare, Italpreziosi aderisce al progetto internazionale Planetgold, avviato in 8 Paesi, che si propone di sostenere le comunità locali di minatori artigianali nell'eliminazione del mercurio dalla catena di produzione. «Siamo stati tra i primi al mondo a parlare di oro etico e tracciabilità già nel 2008, grazie a un progetto in Honduras che prevedeva che in miniera si usasse solo acqua per l'estrazione e affiancavamo alla produzione servizi per le persone, come una clinica nella foresta al servizio di chi nella miniera lavorava. Una volta ultimata la miniera, ci impegniamo a rispristinare la vegetazione come era in origine, in modo tale da esercitare un impatto prossimo allo zero».

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